Solitudine emozionale
Caro genitore,
sono un insegnante che ha bisogno di aprire il proprio cuore, prima di lasciare la scuola e l’insegnamento.
Manca poco per arrivare al traguardo e non nascondo il mio turbamento nel pensare di dover lasciare i ragazzi. Faccio “fatica”, però, a ritrovarmi e riconoscermi nella scuola d’oggi, la “Buona Scuola”, una scuola che, se per un verso recita di mettere al
centro il “ragazzo”, dall’altra è bombardata da procedure burocratiche, monitoraggi, valutazioni, che spesso perdono di vista il vero obiettivo, il vero protagonista del processo educativo “l’alunno”.
Senza parlare poi dei docenti che vanno e vengono e non certo per loro volontà. A questo si aggiunga il pullulare di strumentazioni tecnologiche, l’utilizzo dei tablet, ebook, computer che sembrano essere la panacea di tutti i mali della scuola.
Quello che mi preme affrontare in questa sede, invece, è un problema un po’ più complesso che definirei generazionale: il problema della “solitudine emozionale” che caratterizza oggi la nostra società e che si riflette nella scuola in forme diversificate.
I ragazzi stanno perdendo la capacità di esprimere i propri sentimenti, nascondono le loro emozioni e se non hanno a portata di mano uno smartphone o un computer non sanno comunicare.
Ci stiamo lentamente avviando verso una “solitudine emozionale”, un’ incomunicabilità, che ci impedisce di comprendere, di amare, di essere disponibili e solidali.
Diventiamo sempre più apatici, distaccati e ci avviamo lungo una strada chiusa ai lati da barricate di indifferenza e qualunquismo, che ci impediscono di accorgerci che intorno a noi c’è un mondo “altro”. Appare chiaro come questa solitudine emozionale viaggi su un canale opposto al ben-essere del ragazzo, condizione essenziale per un percorso educativo e
di apprendimento, che abbia successo.
Caro genitore, ritengo quindi che su questo “terreno povero” dovremmo incontrarci nella scuola, una scuola di valori prima ancora che di saperi, aprendo un dialogo ed un confronto continuo, affinchè per i nostri ragazzi non prenda significato la bellissima metafora di Ungaretti “Si sta, come d’autunno sugli alberi le foglie.”
Rosa Costantino