Sei sparita
Nonna,
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parlo ancora al presente stamattina. L'ho notato in cucina, poco fa, mentre ne parlavo con le mie coinquiline.
Lo sapevo che dovevamo avere paura di questo tre Aprile. Lo sapevo. Mi sono tenuta la giornata libera oggi. Non ho dato disponibilità a nessuno per lavorare via skype. L'ho tenuta libera per paura. E per piangere.
E così è stato. Lo stesso giorno e la stessa ora di nonno. Due anni dopo.
Perché te ne sei andata così? Nel silenzio delle strade e nel rumore assoluto della vita. Perché?
Così è come sparire. Non mi piace.
Non abbiamo fatto in tempo a vederti sorridente, compiaciuta di vederci intorno a te. Non abbiamo fatto in tempo a dirti che la pasta fatta in casa non ci verrà mai bene come la tua. E che, anche se non tutte le ciambelle vengono col buco, la tua era perfetta. Sempre. Appena sfornata, per il nonno e per noi.
Ma adesso che hai lasciato il tuo ricamo a metà, chi lo completerà?
Nessuna di noi è in grado di portarlo a termine. Nessuna. Adesso come facciamo? Siamo portati a voler sempre chiudere i cerchi. Parlo della famiglia in generale. Siamo tutti, più o meno, così. Abbiamo bisogno di mettere i punti per continuare. Per ricominciare. Ma i punti del tuo ricamo non li so mettere io. E nemmeno gli altri, insieme a me. Forse resterà incompleto. Come noi.
A dirla tutta, se non siamo in grado di metterli è anche un po' colpa tua. Perché non ti abbiamo mai potuto riconoscere l'ardente pazienza di un'insegnante. Eri molto paziente, per le tue cose. Quello si. Ci mettevi ore a fare la pasta fatta in casa per tutti. Spendevi mesi con ago e filo tra le mani.
Parlo al passato, ora.
Quando, però, qualcuna di noi ti chiedeva di insegnarle qualcosa, già ridevi. E pretendevi fossimo brave quanto te. Sin dal primo instante.
Mi chiamo Marica per te. Tutti mi raccontano che in famiglia mostravi una sorta di non accettazione del legame. Tra Maria e Marica. Tra Marica e Maria. Del nome, intendo. Non del nostro. Con le vicine di casa però l'hai sempre sfoggiata questa cosa. Come una medaglia al valore. Come la spilla con la M maiuscola. In corsivo. Sui cappotti durante le cerimonie importanti. Ho saputo che ora è per me. Grazie. Davvero. Sono calde le lacrime oggi. Mi infastidisce questo calore sul viso.
Sorrido però se penso a quando ti ho tirato i capelli perché mi avevi rimproverata. Anzi, rido. Rido tantissimo, in realtà. Nonno era tornato dalla campagna, con un secchio di piselli secchi che dondolava dal manubrio della bicicletta. Me lo ricordo ancora, era giallo. Di quelli utilizzati dagli imbianchini per dipingere di bianco le nostre case del mare. Non so che cosa fosse successo. E non credo di poterlo ricostruire ora. Eravamo io e te. E nonno. Ma credo ci fosse già un mezzo litigio in atto, tra la nonna Maria e la me bambina. Ma il ricordo è sbiadito adesso. Come tutti, del resto. Ho fatto cadere il secchio. E così tutti i legumi. Per terra. E tu hai urlato. E ti sei piegata per raccoglierli. E io ho agito alle spalle. Tirandoti i capelli. Sempre cortissimi. Sarà stato anche scomodo, credo. Rido ancora. E mi ricordo di quando Stefano era piccolo. Piccolissimo. E al momento del pranzo voleva ancora giocare. Credo con i Gormiti. Tutti a tavola, però. Tutti a tavola. E lui, per dispetto, aveva deciso di versare la Coca Cola nel piatto di orecchiette al sugo appena servito. Ricordo il rimprovero. E ricordo lui che, non si sa se per paura o per dispetto, ché era piccolissimo, si lascio scappare la pipí. Sul cuscino della sedia. Rido ancora tantissimo.
I profumi a me piacciono, tantissimo. A te no, lo so. Tié, un altro dispetto. E appena avrò una mattina libera, farò la pasta fatta in casa. Da sola. E sarà vivente, perché tu non potrai togliere dal vassoio i maccheroncini e le orecchiette che mi sono venuti male. E sarà un altro dispetto. Accetterai l'imperfezione. E godrai per l'impegno. Lo sento già.
Non riesco a ritrarti se non con pensieri umili. E parole semplici. Semplicissime. Ho scritto dei versi che profumano profondamente umani. Spero non avrai da ridire.
Ciao, Nonna.
Marica