Scrivo a mezzanotte
Caro Alfano,
Mi chiama mio nonno e mi dice “sono stanco voglio dormire” ed io “non dire così” e lui “aspetta fammi finire, voglio morire ed aprire le ali per non soffrire più” vuole volare in alto con Gesù.10 anni di sofferenza, il respiro che manca, la bombola d’ossigeno l’unica cosa che ti tiene in vita, quel bastone che ti sorregge, il tuo pilastro portante, le vertebre rotte e la schiena che non regge più, un polmone bucato e che da casa da svariati anni non esci più, solo d’estate con quel caldo afoso, appiccicoso, io in bici e tu su quella sedia elettrica, “portami al mare” ed io ti portai in quelle spiaggia di Falcone, quel panorama, come quando venivi con la sedia elettrica a vedermi dare due calci ad un pallone, quel tuo affanno che non cessa mai, le tue mani che tremano, quel tuo Parkinson con cui non riesci nè a bere nè a mangiare, quella voglia che hai sempre avuto di combattere, di andare avanti nonostante le insicurezze, le guerre dentro te, tu che sai tutto di me, che mi hai sempre difeso, sempre compreso, tu e quella passione del calcio della caccia, ed io che piango quando mi chiami, quando mi dici “mi manchi sai” mi dici anche “non so se quando torneremo ci sarò ancora” tu che inseguito chiudi la Telefonata perché non arriva più l’aria non esce più la voce, io che ti vorrei qui adesso qui accanto, resisti, maledetta quarantena.
Distinti saluti
Giacomo