Profondità di pozzanghera
La tua ultima lettera è l'esatta prova di quello che penso. Prevedibile nel contenuto, porta un’analisi profonda quanto una pozzanghera, è il frutto elaborato di chi ha la propensione a guardare il dito e non vedere la luna.
Magnifichi i tuoi amori, amori scelti con cura fra le donne che non hanno strumenti e sono segnate da un vuoto; una ferita a forma di abbandono, di frustrazione, di perdita. Il varco ideale per te, da passare senza temere il confronto con un altro uomo, uno valido che abbia lasciato un piacevole ricordo nel suo incedere e nel suo possedere. Non ti sai confrontare con un altro maschio, con il suo legno duro. Meglio il paragone con un alcolista, un fallito, uno che - di fatto - non c’era. Non tutte sono state così, certo, una almeno doveva avere qualcosa oltre il danno! Trovi “disturbati” i miei comportamenti. Eco di tutti i maschi che non hanno potuto avermi come volevano. E io c’ho creduto, mi sono vista come la più inetta e deficitaria delle femmine, ma non era quello a farmi male. Era il senso di possesso che non sapevo condividere né comprendere, era il vento che mi faceva andare via… proprio chi mi piazzava l’etichetta con più rabbia aveva più bisogno di me, ma io non potevo rimanere, e neanche lo volevo.
Ti sembrerà strano ma sono proprio quelli che mi hanno rimpianto di più.
Un uomo spera di incontrare la sua donna ideale, una donna che porti con sé tre grazie: la bellezza, il fascino e l’intelligenza. Incontra te e si illude di averla trovata, ma poi scorge la quarta grazia: la donna che non c’è, mi scriveva un uomo tempo fa.
A punirmi - con il senso di colpa - ho provveduto da sola.
Mi ero rifugiata in te per riposare, per eludere un po’ il mio dolore ma non ho trovato né un pasto caldo né una parola di conforto, mai. Vai stellina, vai ché la tua vita è perfetta, perfetti sono i tuoi amici e i tuoi amori.
Mi mancherà scriverti, era un esercizio piacevole in questi giorni di prigionia legati al Covid-19, ma tutto passa… anche i peggiori virus.