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Non posso

Non arrabbiarti se ti saluto da lontano quando t’incrocio, vorrei abbracciati, ma proprio NON POSSO.


S’allunga il tempo ai tempi nostri! Lenta scende la sera su questo sipario inverosimile.
Ci sono ore, spazio, moltitudine di minuti per mettersi in contatto con noi stessi.
È giunta l’era della parola virtuale e metallica, delle video chiamate, è giunta l’epoca delle analisi.
Il destino ha fatto scacco matto alla vita, al nostro piano esistenziale, dove la bilancia con sé stessi è in continua oscillazione.
Mani che non si toccano, abbracci potenziali, baci sui social, emozioni inespresse.
L’umano contatto, l’impulso naturale, si ritrae e si blocca, forzando una solitudine indicibile.
Soli a sognare, soli a pensare, soli a guardare la TV, a cercare deviazioni per la mente, a trovare appigli a cui agganciare qualche flaccida speranza o un pallido sogno.
Una nube tossica di disumanizzazione sta togliendo il nostro grado di essere persone, ci allontaniamo perché SI DEVE, da ciò che invece umano è: l’amore, inteso ad ampio spettro.
La verità è che ci sono persone codarde e incapaci di provare emozioni in nome del DIO DENARO, anche in situazioni di estrema difficoltà, di timori, di malattia e di morte; e mentre la paura fa parte del genere umano, la vigliaccheria no, quella porta nome e cognome.
La pandemia sgretola ogni minima certezza, anche quelle più profonde, quelle radicate e acquisite in anni di vissuto, di esperienze e di dolori. La dignità della vita stessa viene sepolta senza famiglie accanto, senza quell’amore che fa parte della nostra personalissima storia. Unici compagni paladini dal camice bianco, con impresso negli occhi dispiacere, dolore e paura: sono persone, come noi. 
Quindi mentre il bisogno d’amore grida con voce grossa tra le pareti dell’anima infinita e bussa alla porta della coscienza questa deve rimanere chiusa, perché non è solo un volere o un desiderio la vita, mai come in questo periodo dobbiamo tutti insieme comprendere ed accettare che è un DOVERE.

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