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Lettera sull'attesa

Luogo qualunque dal quale si vedono il cielo e il mare – Giorno qualunque nel quale non si vede la luce – Ore 00:00

 

Ti scrivo da una posizione precaria, seduta all’angolo del letto.

Ti scrivo su uno dei pochi quaderni che sono riuscita a portarmi dietro preparando le mie cose in un paio d’ore, mentre mi disponevo a marciare contro il mio passato.

Approfittando del momento propizio, ha deciso di attaccarmi, ma so che questa volta è tempo di sedermi a tavolino con “lui” per cercare di stipulare un trattato di pace.

Mentre ci provo, mi chiedo spesso se anche tu stia facendo qualcosa di analogo. Stai sciogliendo i tuoi nodi? Stai limando gli angoli delle tue ansie?

Sai, ho più tempo adesso per farmi queste domande e ho scoperto anche che la mia mente indugia di più nel sognarti. Forse succede perché avrei voluto averti tra le cose in sospeso, tra gli incontri di quel giorno dopo che non c’è stato, perché l’isolamento è arrivato prima.

Se le cose fossero andate così, adesso avrei la sensazione di seguire un filo che mi collega alla Vita, perché avrei avuto qualcosa da aspettare. Quando non hai nulla da attendere è come se il futuro fosse più irreale di quanto non sia già. Spesso è l’attesa che lo costruisce, strappandolo alla sua connaturata impalpabilità.

Quindi ti scrivo dalla non attesa, da uno spazio dal quale il domani è bandito.

L’attesa è un lusso, me ne sono accorta in questi giorni. L’attesa ha i contorni di una possibilità, prevede un certo grado di realizzabilità, un granello di fortuna anche.

Forse ero inchiodata all’oggi già prima dell’emergenza, solo che adesso la non attesa si dilata, mi avvolge, mi ingoia. Non ci sono più grandi impegni a separarci, niente uscite, niente caffè con gli amici.

Adesso siamo io e l’assenza. La sto innaffiando ogni giorno e sono quasi certa che per giugno sarà sbocciata.

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Angela Nese

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