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Lettera ad Enrico

Perugia, 23 marzo 2020

 

Carissimo Enrico


Passo il tempo a pensarti e non riesco a leggere il libro che sta’ al mio fianco: quella pagina è li da ore ad aspettarmi. Apro e chiudo, apro e chiudo, come fosse una porta. La scrittura è la medesima di un giorno fa, di una ora fa. Eppure niente.
Domani mi attenderebbe un giorno di festa, eppure questo tempo malvagio non mi rende infelice. Scruto il cielo, la cappa che ricopre la mia testa, si riveste di un colore funereo, poco allegro insomma. Sento che anche gli odori e i colori hanno subito un mutamento temporaneo...
Mi pare di vivere come un orologio che conta i minuti alla rovescia: la massa tende all’isolamento, a curare le persone dai mali, non sono più le mani amiche dei propri cari, bensì i guanti bianchi di uno sconosciuto.
Mentre preparo i numeri per la torta, mi sento infreddolita e preoccupata.
Mi sorge da dentro una domanda... Come avranno fatto i nostri predecessori durante le calamità?
E perché non emularli proprio ora? Una leggera nostalgia prende il sopravvento su di me, con la potenza di un uragano...vedo una donna, distante da me, controlla il suo telefono di sovente, ma chi aspetterà?
In questo periodo, piovono canti, cartelli e disegni dai terrazzi, quasi a voler mettere in atto un rito apotropaico, a conferma che il mondo è colorato e non solo neutro.
Mentre aspetto impaziente, che tutto torni ai prodromi, fisso il fuoco, e con un balzo, torno col pensiero indietro... ai tempi della vita. Sai, non vi è cosa peggiore di ripensare ai tempi felici in un momento infelice.
Ora, nell’aria aleggia la paura. Che si sia perso il senso del domani?
Carissimo, le cose stanno diversamente...coloro che mi aspettano, ricordano che è tempo di andare avanti. Il mio fiore, in piedi sul camino, mi ricorda che è quasi primavera.


A presto, ti saluto e ti abbraccio.

 

Tua Nina

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