Lettera a Dio
Caro Abbà Padre,
come ti trovi lassù, in un posto sperduto sulle nuvole, così lontano da tutti e da tutto.
A farti compagnia le angeliche voci dei Serafini, che intonano la tua lode ogni momento del Tempo.
Sono passati più di duemila anni da quando mandasti in missione il tuo Unigenito a raccogliere le rugiade
mattutine che sono le lacrime degli uomini, dispersi e divisi, che Lui radunò tutti intorno ad un unico Fuoco.
La tua Volontà è imperscrutabile, il tuo Volto nascosto, il tuo Sentire un mistero.
Molti in questi anni sono fuggiti dal tuo grembo, si sono di nuovo persi, hanno deciso di rinnegarti per darsi
alle effimere lusinghe del tempo.
Quante piogge dal Cielo, che sono le tue lacrime, hai dovuto versare per questi figli ingrati, che ti hanno
abbandonato, che si sono dati all’odio, che bestemmiano, che si gettano nelle fauci del peccato.
Le notti insonni che hai passato a vegliare chi non se lo meritava, per aiutare chi finiva nei guai, tutto
questo era finito nascosto, dimenticato, oltraggiato, svilito.
Molti in questo tempo ti hanno lasciato la mano, per mettersi al servizio del male.
Ma tu con ogni richiamo hai voluto lanciare un grido disperato, affinchè tutti tornassero a te.
Hai mandato segni dal Cielo, hai mandato inviti a tornare, hai fatto vedere il tuo dolore in ogni Piaga del tuo
Gesù.
Non è servito a niente, perché ormai tutti ci siamo fatti dei di noi stessi.
La civiltà, che si crede sofisticata e all’avanguardia, ti ha relegato in un cantuccio, quasi tu fossi un balocco
cui si trastullavano da bambini.
I fanciulli, quanto ti assomigliano!
Sono esseri innocenti, che negli occhi hanno il sapore del mare.
Oggi l’Amore non conta più, ma i piccini hanno sempre bisogno del tuo nettare per dissetarsi.
In questi giorni di paura e di angoscia, solo chi è come loro assapora il gusto di una nuova libertà.
Essere liberi anche nella prigionia di quattro mura che ci hanno imposto per questi giorni neri e cupi, in cui
si muore anche all’ospedale.
I più ciechi danno la colpa a Te, ma è un effimero nascondersi dietro un dito.
Un dito fatto di ipocrisia, un velo di menzogna che copre il volto degli stolti.
L’essere umano, prigioniero di se stesso, è ora al collasso e cerca punti di riferimento.
La tecnologia non dà risposta a quel gemere interiore che l’uomo prova per averti voltato le spalle.
Ora che siamo tutti nella paura, nel sospetto, nel guardarsi le spalle per non crollare, tu sei l’unico approdo
sicuro che il genere umano può avere.
Hai aspettato, hai pianto, hai sofferto, ma finalmente puoi avere la tua amorosa ricompensa.
Come tuo Figlio mentre porta la Croce, tu sei con noi a portare le nostre.
Grazie, Abbà, perché tu ci sei.
Ci sei sempre stato, ma ora raccogli in un unico abbraccio le paure dell’umanità gemente e nel dolore.
Neanche un sorso d’acqua dato attraverso di Te va perso.
Non mollare, so che dall’Alto fai il tifo per noi e ci tieni sul palmo della tua mano.
Ti voglio bene
Piccola Pam