La primavera se ne frega
Ciao,
stasera da questo angolo del divano sei apparso in tutto il tuo splendore, infilandoti in quell’intercapedine ancora libera tra la mente e il cuore. Forse perché è così facile in queste sere così piene di buio e silenzio sentire, si può udire chiaramente tutto quello che il rumore all’esterno delle nostre vite zittisce così bene. E’ come se mancasse la coperta sui piedi ultimamente, tu ti ostini a tirarla ma lei non ci arriva, non basta, non riesci a coprirti del tutto come hai sempre fatto, qualcosa resta fuori, e allora è lì che inizi a sentire freddo. Proprio oggi pensavo a chi come te soffre la solitudine, e in questo sono sempre stata meglio io ammettilo, la solitudine è cibo che mi fortifica, ma per te invece? Questa guerra ci vede soli, nudi, e senza nulla a cui appigliarci. Tu, che ridevi del mio calendario lunare ma che poi di nascosto ti sorprendevo pregare, lo fai ancora adesso? Sai, ora che è necessario sacrificare un pezzo di noi per salvare gli altri, hai capito come ci si sente completamente esposti in balìa delle incertezze? Donare, non è che ti venisse proprio ad arte, quando inaspettatamente mi arrivava qualcosa sapevo che avrei dovuto pagarla il doppio del suo valore, anche se potevi non parlarmi per giorni ma poi non ti arrabbiavi mai se usavo il tuo spazzolino. Le tue parole sono sempre rimaste lì, sotto alle costole, fanno ancora male quando respiro e proprio adesso che lo faccio profondamente continuo a sentirle, mi piace pensarti rinchiuso tra le mura di casa, una sigaretta dietro l’altra mentre l’angolo destro della tua bocca sorride. “Hai delle belle mani” mi avevi detto quel giorno improvvisamente portandomi i capelli dietro alle orecchie con un gesto veloce mentre la tua schiena s’inarcava nella penombra della stanza, ma io non pensavo di avere belle mani e non ho mai pensato che qualcosa di me potesse piacerti veramente in quell’istante prima di fuggire per sempre dal mio sguardo. Quella mattina ci avevano svegliato i gabbiani, e seduta al tavolo in cucina mi avevi sbucciato la frutta come facevi ogni sera, mentre io ti stringevo forte. E ora che abbiamo dato tutto in pasto all’odio e all’abitudine non ti mancano quegli abbracci? Le ferite infette non si possono leccare, ma ora che siamo tutti uguali racchiusi nei tumulti dei nostri pensieri raccontami se hai paura. Non ne hai mai avuta, non ricordo mai una tua sbavatura emotiva, impeccabile come i tuoi sorrisi che sapevano fermare il tempo, ma solo abbandonarti alla profondità della mia anima ti riusciva a turbare. A casa mi avevi sfilato lentamente la collana di perle irregolari e ammaccate baciandomi a lungo il collo e le labbra - Mi dispiace partire – mi avevi sussurrato alle orecchie; la bocca, i capelli, il naso, la saliva, il cuore che batteva forte nel silenzio della stanza, io che amavo la luna e tu che passeggiavi sempre al sole, io che mi tagliavo i capelli da sola mentre tu li lasciavi crescere liberi, io che sognavo ad occhi aperti mentre tu dormivi. Ora che è necessario occuparsi anche del dolore altrui, ne sei capace? Mi hai insegnato ad avere fede, ad aspettare qualcosa che non arrivava mai, a coltivare la speranza. Oggi Venere è entrata nei gemelli e ci resterà per 4 mesi, un periodo di grazia infinita per la mente e il mio cuore, insieme alla primavera che noncurante di tutto il male nel mondo continua a fare il suo lavoro. La primavera sboccia comunque e se ne frega, come te del resto, ed è così che bisognerebbe vivere: per questo ti ringrazio amore mio.