La busta
Non ci voleva, ho ritrovato il biglietto, il famoso biglietto.
Un foglio di quaderno quadrettato troppo grande per stare dentro quella piccola busta.
Ricordi? Era fra le cose di tuo padre. Questa è tua, mi hai detto. Sembravi soddisfatto ma imbarazzato, volevi fare con nonchalance, quasi temessi una qualche mia reazione.
Rivedo la scena:
Ho osservato la busta. Ha l’opacità e la vita spenta che assumono gli oggetti dimenticati a lungo. Addirittura, attenta che tu non vedessi, ho cercato di rianimare la carta strofinandola e ho tirato fuori la copietta a quadretti.
Si la mia scrittura, ma di quanti anni prima? Quasi non la riconosco! Ma sono proprio io che scrivo una lettera piena di amore a tuo padre.
L’aveva conservata per tutti quegli anni! Nonostante vivessimo due vite diverse ha tenuto in un libro le parole di gioia, amore e buoni propositi scritte da me, madre di suo figlio.
Chissà quante volte l’ha letta di nascosto, o forse solo il sapere di averla esorcizzava un po’ il casino che avevamo combinato, o forse temeva di dimenticare.
Alla sua morte me l’hai data con nonchalance. Sembravi soddisfatto ed avevi lo sguardo di chi ha capito che comunque siano andate le cose, i suoi bizzarri genitori si sono sempre amati.
L’ho riposta nel cassetto, da dove è balzata fuori oggi.
Quando la troverai non la vedrai sciupata come l’ho trovata io, perché in questo pomeriggio di quarantena mi ha scaldato l’anima