Intorno alla primavera
Cara,
Da dietro le finestre sto facendo esercizio di pazienza.
Maledetta primavera.
Ma non come quella di Loretta Goggi, che faceva male solo a lei.
Sai, oggi sono uscita: ho attraversato a passi lenti i pochi metri che mi separano dall’area ecologica. Cosa vuoi mai che abbia da buttare? Ma la differenziata la sto facendo proprio bene!
Ci sono già le rose nel giardino del condominio. Così ho sentito dentro, forte, come ce l’aveva mia mamma, l’impulso di occuparmi dei miei fiori. Insieme alla spesa settimanale ho acquistato anche una pianta di violette. La più brutta, la più ripiegata su se stessa- con questa attrazione per i derelitti che mi distingue sempre un po’!
Perché volevo darle una nuova vita. Appena a casa ho cambiato il vaso, ho aggiunto terra. Ah, la devi vedere.! I suoi fiori hanno un colore unico, ce li ho solo io! Ed in breve ha messo altri germogli. Per molte mattine è stata la prima pianta – non voglio chiamarla cosa - che ho guardato, dalla finestra!
Ti starai chiedendo perché non vado come sempre per sentieri, a fotografare sponde di viole.
Perché?
Perché le città sono deserte, le serrande sono abbassate. in strada non c’è nessuno ed io coltivo la pazienza.
Assistere da dietro la finestra alla primavera che sboccia è un esercizio duro e faticoso.
Ci vuole pazienza a vedere il pruno di fronte che sta mettendo i suoi brillanti fiori rosa; ci vuole pazienza per resistere alla tentazione di uscire, attraversare i prati ed odorarlo.
Non c’è nessun suono a turbare l’allegria solitaria della terra mentre tu continui il tuo lavoro , nell’aria pulita che oggi non usciamo a respirare.
O forse un suono c’è: non è quello di rondini o passeri. E’ quello delle sirene, sottofondo quotidiano del nostro isolamento.
Ti annoio con questi pensieri?
Sono i pensieri di chi il mezzo secolo l’ha passato da un po’ ma che non vuole vivere il tempo come un piombo.
Non so se piombo è la parola giusta. Come sono importanti le parole,anche quelle che non diciamo ma che troviamo la forza di scrivere.
E’ un’attesa paziente e faticosa ma non avara, perché porta con sé un altro viaggio. Quello che non ho mai il tempo e la forza di fare.
Cara Primavera,
ti scrivo a mezzanotte perché così non ti vedo e la sofferenza mi è meno pesante.
Ma ti scrivo la notte perché la viola che rifiorisce, il pruno che pennella di rosa il cielo sono
già due buone ragioni per alzarmi domani, con fiducia.
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Marinella Giuni