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Egregia persona

Egregia Persona,


sconosciuto o sconosciuta che tu sia. È mezzanotte in punto: e sono seduto in disparte in questa minuscola, anonima sala d’attesa di una stazioncina ferroviaria il cui nome non ha alcuna importanza. Pare uscita da un episodio di “Ai confini della realtà”. Ma di questo te ne sarai già accorta da sola, visto che forse leggerai queste mie righe. Righe che sto scrivendo senza una vera ragione. Ho sentito l’impulso di scriverle, sul retro di un volantino. Abbandonerò questa sorta di lettera sulla seduta della poltroncina che lascerò tra non molto, per salire sul treno che mi riporterà nella mia città.
Non importa che ti dica quale, anche se non ti sarebbe difficile capire dove sto andando.
Naturalmente potrei scendere prima del capolinea, o da lì prendere un altro treno, ma seguire questo pensiero, per me o per te, sarebbe assurdamente cervellotico. Comunque inutile.
Ciò che conta sono queste righe che vado vergando, grazie ad una penna a sfera di poco valore, sul retro del volantino abbandonato sulla spalliera della poltroncina accanto alla mia.
È oscuro, l’impulso che ho di scriverti. E tu, chiunque tu sia, forse leggerai le mie parole per dirti, durante la lettura, ma soprattutto alla fine, che le mie rotelle non sono del tutto a posto.
Su questo credo di essere perfettamente d’accordo con te. Però non sono pericoloso, per me o per gli altri. O, almeno, credo (spero), di non esserlo.
Ti auguro un buon viaggio, dovunque tu debba andare e qualunque sia il tuo scopo. Ti auguro pure una buona vita: o di averne una migliore, se la tua è già soddisfacente. Tutti abbiamo il diritto, e forse il dovere, di vivere bene. Serenamente. Alcuni non se lo meritano. Sono loro stessi la loro peggiore condanna.


Temo di essere uno di costoro, a proposito.


Ehi, sta arrivando il mio treno. Ti saluto, ciao.

​

Alessandro,

Uno sconosciuto

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