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Due anni fa

Aria sospesa: ogni spontaneità repressa dall’incertezza. Due ore di aereo erano nulla, il tempo di un articolo, di una chiacchierata col vicino di posto allora stretto stretto a te. Accanto all’apprensione ormai educata, ma non per questo silente, per un figlio lontano obbligato ad irrobustirsi le ali altrove, si va ora ingigantendo l’ansia di saperlo nelle nostre stesse incognite in balia di legislazioni estranee, spesso contraddittorie e poco rassicuranti. Nelle città, accanto alle saracinesche abbassate da una crisi perversa, la stessa che in anni ha allontanato dalle case la crescita dei nostri figli, si allineano i silenzi assordanti dei tanti esercizi che in rispetto delle normative serrano le loro vetrine negandoci il piacere semplice di un dolce o di un sapore amato, di un abito o di un trucco ma sopratutto della convivialità. I nostri figli lassù prima a Londra ora a Parigi; i nostri anziani, nonni e genitori, più fragili ed esposti, divisi dal mondo in casistiche impietose; noi in mezzo in tensione per entrambi: tutti appesi e affacciati a scrutare un mondo sconosciuto mentre quello che appariva detestabile routine ora sembrerebbe agognata normalità. “Stai tranquilla mamma, io sto bene: qui tutto normale”, ma intanto le università e le scuole chiudono anche lì, lo smart working viene incentivato e i posti letto in terapia sono sempre più pochi. “Stiamo tranquilli: andrà tutto bene”, ma intanto stiamo serrati in casa, mentre la primavera bussa prepotente ignara dei nostri drammi e le rose sono pronte a fiorire... Forse per atavica capacità italiana a sopravvivere e ad inventarsi, si da sfogo a creatività perse nella frenesia quotidiana...chi scrive volando alto con provvida fantasia, chi legge libri a metà nella vita di ieri, chi danza con molti altri davanti ad un tutorial, chi scopre nuovi amori ed attitudini inaspettate: è il momento degli affetti veri e della forza. Tutto andrà bene: un mantra globale, il pensiero prima del sonno di un genitore lontano a un figlio, di un nonno ad un tenero nipote, di un marito alla moglie. Usciremo ridendo fuori dalle nostre case, abbracciando il primo sconosciuto come fosse nostro fratello e il posto vuoto a tavola sarà presto riempito, le distanze saranno nuovamente vicine: in due ore ci riabbracceremo ora consci del nostro bisogno l’un dell’altro . Di strada ne hai fatta: ti ho sentito sul pezzo, sempre teso a migliorarti e ambizioso nei tuoi progetti, cresciuto e autosufficiente, ma ancora fragile e sotto continuo esame, forse stanco e in assenza di nido ... ora va bene tutto, ma vorrò averti vicino per confortarti come quando eri piccolo e il temporale bussava alle finestre e, non lo nego, per essere confortata anch’io poiché anche i genitori hanno paura

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Elena De Losrios

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