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Dire che ti penso sempre è riduttivo

È strano scriverti sapendo che ormai abitiamo due mondi diversi, ma ho la sensazione che il potere delle parole travalichi qualsiasi barriera.

Non ho mai scritto a mezzanotte, così come non ho mai fatto lo spuntino o il bagno in quell’orario.

Ammetto di essere piuttosto metodico, forse anche monotono, anche se mi salvano i guizzi di una notevole fantasia.

Nella catena di montaggio che mi ha assemblato qualcosa deve essere andato storto al momento di aggiungere l’autostima ma questo già lo sai, e tante volte in passato mi hai spronato a credere di più in me stesso.

Ogni giorno mi capita di rivolgermi a te, spesso sottovoce alla maniera dei cospiratori, in realtà per rendere esclusivo un dialogo che non si interromperà mai, neppure adesso che le mie orecchie sono sorde nel percepirti. È buffo riflettere su quante volte mi riferivo al tuo abbassamento di udito degli ultimi anni; sono io adesso a non riuscire a sentirti, e spesso  sono talmente distratto dal vorticare dei pensieri da non accorgermi dei suoni della natura che incrocio lungo il cammino.

Tra i ricordi delle scorse vacanze estive uno dei preferiti è la passeggiata nel bosco, durante la quale dimenticavo le notifiche sul telefonino e sostituivo i cinguettii di Twitter con quelli degli uccelli che si rincorrevano tra i rami.

Domani sarà il compleanno di Luciana, ai primi di maggio il mio e per la prima volta mancherà la tua presenza fisica. Visivamente salterà all’occhio lo spazio vuoto nelle immancabili fotografie che scattiamo in queste occasioni.

Sarai invece presente nella stanza della mente che ciascuno di noi ha preparato per te.

L’arredamento è ridotto all’essenziale, perché non ci sono mai piaciuti i fronzoli e il vacuo luccicare.

Mi rendo conto di non saper dimostrare appieno i miei sentimenti tramite gesti concreti.

Forse riuscirò a porre rimedio, se è vero che le persone migliorano con gli anni alla stregua del vino.

Ciao, mamma.

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