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Diario di un'adolescente odierna

Cara Emma,


ti scrivo dalle mura della mia stanza, in mezzo al blu delle pareti e all’angusto spazio che mi circonda. Le mura che vedo attorno a me sono le stesse che ci hanno sentite parlare per 17 anni, le stesse che hanno tenuto nascoste i nostri giochi infantili e i nostri segreti adolescenziali. Queste mura non ti vedono da ormai troppo tempo.
Tu che sai sempre tutto, tu che trovi sempre una soluzione ai miei tormenti interiori, tu che freni sempre i miei impulsi autodistruttivi, dimmi, come posso continuare ad apprezzare la vita, se la nostra condizione è questa? 
Non è la solitudine di questi giorni che mi fa paura ma il senso di impotenza che provo nei confronti dei malati, costretti a stare da soli su un letto d’ospedale, costretti a morire senza il calore di qualcuno che gli stringa le mani. E i familiari a casa aspettano, alcuni pregano ed altri, semplicemente sperano. Poi invece arriva una telefonata e rimangono soli con il loro dolore e con il ricordo del loro defunto stampato sul cuore. 
Noi invece siamo qui, a casa, a lamentarci e a cercare un modo per rendere più produttive le nostre giornate, mentre fuori dalla nostra casa la gente muore e soffre.
Mi viene detto di non pensarci, mi viene detto di fare qualcosa per passare il tempo e per sgomberare la mente, ma non è una cosa che riesce bene a tutti. 
Adesso è mezzanotte e ti conosco, starai sicuramente dormendo mentre io cerco di sfogarmi con te. Domani mattina mi risponderai e come al solito inizieremo a parlare del più e del meno, perché ci è stato insegnato che i discorsi profondi sono per adulti, gli adolescenti pensano a divertirsi. Nel frattempo mi sto accendendo una sigaretta, una delle mie Winston Blu; lo so che mi hai detto di non fumare, ma l’unico modo che ho per non arrabbiarmi con la società è quello di impersonare il prototipo dell’adolescente odierno. 
Ti voglio bene e so che continuerai a volermene anche tu.  

 

Eleonora Cerroni

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