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Caro Presidente

Caro presidente,

​

riconosco il mio ardire nello scrivergli così, apertamente e direttamente. Ultimamente ho avuto modo di riflettere, non che prima non lo abbia mai fatto, anzi l’overthinking è il mio stile di vita, purtroppo. Solo che nelle ultime settimane ho avuto modo di farlo in modo molto più approfondito.
Sa, dicono che un uomo diviene tale con l’esperienza, soprattutto se negativa. Io, non so se per fortuna o per sfortuna, non sono un uomo. Sono una giovane donna, con tanti sogni e speranze. Ma soprattutto con grandi paure. Queste settimane credo siano state difficili un po’ per tutti, tra alti e bassi. Sono state delle settimane di tormento e di sollievo; settimane di ritrovamenti e di
smarrimenti.

 

Ognuno di noi, ogni italiano, le ha vissute in modo del tutto peculiare. Per cui, caro Presidente, mi permetta di mostrarle il mio.

Come ho detto, sono una giovane donna che nel tempo libero riesce a trovare tutti i modi possibili ed immaginabili per complicarsi l’esistenza, ergo, riesco a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto. Questo quando, ovviamente, non lo vedo completamente
vuoto.

 

Ci sono volte in cui addirittura non lo vedo completamente, ma non divaghiamo. Ho, di conseguenza, riflettuto più del solito in questo periodo così travagliato. Ho letto molto, altra cosa che già facevo prima, solo che adesso ho paradossalmente avuto più tempo libero. Paradossalmente perché la libertà è giustamente venuta a mancare in queste settimane di “reclusione forzata”.

 

So benissimo che tutte le misure restrittive attuate da Lei e dal suo team erano e sono tutt’ora soprattutto volte a salvaguardare ognuno di noi. Ma credo che non tutti lo abbiano compreso. Per cui, oltre a leggere e a pensare, ho dedicato il mio tempo ad una nuova attività mai provata prima: osservare. E’ incredibile quante cose si possano scoprire osservando il mondo attorno a noi.

 

Ho allenato molto i miei occhi e le mie orecchie e sono venuta a conoscenza di cose straordinarie, primo fra tutte il silenzio. Era ovunque attorno a me, anche se non lo potevo vedere. Riuscivo ad avvertirlo. A sentirlo. All’inizio è stato un po’ strano, lo ammetto. Ma poi ci si abitua, ci si abitua a tutto. Il silenzio è stato il mio fido compagno in queste settimane. Era sempre con me, a qualsiasi
ora del giorno e della notte. Alcuni lo avranno di sicuro trovato fastidioso, ma la mia natura romantica mi ha spinto ad amarlo ogni giorno di più.

Osservare le foto e i video delle città italiane completamente deserte avvertendo solamente il silenzio tutto attorno ad esse è stato davvero singolare. Vedere quelle stesse città che pochi mesi fa erano gremite di persone e, adesso, a malapena scorgere qualche uccellino di passaggio. Incredibile. Osservare tutte queste cose mi ha fatto comprendere quanto tutti noi, popolo italiano, ci siamo impegnati. Non vedevo una tale partecipazione ed un tale senso di appartenenza dal 2006, da quando l’Italia ha vinto i mondiali di calcio. Il che, se mi permette, è davvero brutto. Sa perché? Perché credo vivamente che dovremmo essere un popolo unito sempre, a prescindere dalle nostre divergenze.

 

Ma mi è bastato avvertirla adesso, questa unione. Mi è bastato vederla appesa ai balconi dei miei concittadini e, più in generale, ai balconi di tutti gli italiani. Mi è bastato sentirla rimbombare nelle vie e nelle piazze delle città italiane. Mi è bastato percepirla nel mio cuore, ad ogni soffio del vento e ad ogni nota. Per la prima volta, in ventitré anni, mi sono davvero sentita italiana. E questo, senza falsa modestia, è stato proprio grazie a Lei. Sa, Presidente, in questo periodo di osservazione, di ascolto e di riflessione, mi sono concentrata anche su l’unica figura di riferimento che abbiamo avuto: Lei. Lei che ci parlava attraverso uno schermo, in modo sempre molto composto e dignitoso. Lei, che faceva scivolare i fogli sulla scrivania con non poca tensione addosso. Lei, che ci guardava dritti negli occhi e ci parlava dritti al cuore.

 

Lei, che ha cercato di essere più stoico possibile quando in quei giorni di fine Marzo il picco dei morti giornalieri ha toccato quasi i mille. Ma che io, osservandolo mentre ci parlava attraverso il solito schermo, ho letto nei Suoi occhi tanto dolore e tanta sofferenza.
Lei, forse il primo Presidente dalla parte del popolo, che ha parlato con il popolo. Lei, che ogni volta parlava con voce tremante, ma comunque rassicurante. Lei, col suo completo blu e la cravatta con su ricamata la bandiera del nostro Paese. Esatto il Nostro Paese, perché per la prima volta nella mia non molto lunga vita, questo Paese l’ho sentito davvero mio.

 

Mi sono sentita in dovere di difenderlo, di onorarlo e di proteggerlo. E come me, molti, moltissimi altri. Abbiamo iniziato a riscoprire i sapori di una volta. Abbiamo riscoperto la bellezza di ritrovarsi tutti insieme a pranzo e a cena, senza quell’ansia di doversi sbrigare per ritornare a lavoro. Abbiamo riscoperto la meraviglia di passare del tempo con i nostri figli e i nostri genitori. Abbiamo
assaporato ogni momento della giornata, cosa che prima ci risultava alquanto impossibile a causa del tempo. E abbiamo anche sconfitto proprio lui, il tempo: da sempre suoi schiavi, adesso abbiamo avuto la possibilità di controllarlo. E di vincerlo. Abbiamo ricominciato a vivere, nonostante le poche libertà concesse. Ma non per questo ci siamo persi d’animo. Ho scoperto per la prima volta l’orgoglio di essere italiana.

 

Ho scoperto per la prima volta la paura, quella vera. Ho scoperto la sofferenza, l’ansia, la depressione. Ho scoperto la speranza. Sono stata attenta osservatrice, ma, come vede, sono stata anche una piccola Amerigo Vespucci. Solo che invece dell’America ho
scoperto l’Italia. La mia Italia. La nostra Italia, con tutte le sue sfumature. E tutto questo grazie a lei, Presidente. Sa, in questo momento io le sto scrivendo questa lettera e sul mio comodino, come al solito, è poggiato il libro che sto leggendo in questo periodo.

 

Questo giro è toccato a “Un eroe del nostro tempo” di Lermontov. Se in un futuro molto lontano dovessero chiedermi di descriverLa, io La descriverei come “l’eroe del mio tempo”, perché è stato in grado di guidare in modo esemplare un’intera Nazione in un periodo davvero molto delicato, in cui il mondo interno era in pericolo.


Perché è stato in grado di farci scoprire che quel 17 Marzo 1861, l’Italia è stata davvero unificata e che è unita ancora oggi.

Lei è l’eroe del mio tempo perché mi ha dato la speranza di credere ancora nel mio futuro. Perché mi ha reso fiera di essere Italiana.


Perciò grazie, Caro Presidente.
Lei è l’Eroe del mio tempo ed è un po’ l’Eroe di tutta Italia.
Non La dimenticherò mai.

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