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Caro Fato

Destinatario: Il Fato, via dell’Infinito.

 

Caro Fato (non sei il Destino), tutto avrei immaginato di vivere in un periodo di quarantena, tranne che l’amore.

Stavo leggendo un libro, a casa ovviamente, quando io e Lui abbiamo iniziato a scriverci.

Il libro che mi rapì l’anima in quell’istante era “Le nostre anime di notte”, di Kent Haruf. 

Rilessi alcune parole con ostinazione: “Amo questo mondo fisico. Amo questa vita insieme a te. E il vento e la campagna. Il cortile, la ghiaia sul vialetto. L’erba. Le notti fresche. Stare a letto al buio a parlare con te.”

Non avrei mai immaginato di desiderare di stare anch’io a letto al buio a parlare con Lui, ora che non lo posso nemmeno sfiorare con il dito di una mano.

La lontananza mi restituisce il peso dell’assenza.

Non so nemmeno dire come tutto sia iniziato. Forse, caro Fato, sai dirmelo tu. Nell’antica Grecia eri un’entità soprannaturale e intervenivi a modificare il corso della vita degli uomini senza alcuna precisa ragione. E ora, sei entrato nella mia vita come una forza cieca e misteriosa. Impossibile resisterti.

Agisci liberamente e mi sottoponi a una necessità che non conosco, a un qualcosa che appare casuale e che invece guida e determina gli eventi. Forse sei scritto nelle stelle, nel vento o nella terra.

A te è impossibile sfuggire. Mi hai portato nella vita quest’uomo che mi ha fatto sentire la nostalgia dell’amore. Anche Lui, come me, ama il Portogallo. E così ci troviamo a fantasticare di spiagge selvagge e scogliere graffiate da un oceano impertinente e dispettoso. Immagino di passeggiare con Lui sulla spiaggia di Sant’André, dove le cicogne depongono i loro nidi e gli aironi planano nel cielo. Una striscia di fine sabbia bianca tra la laguna e il mare e i cavalloni che si infrangono sotto un imponente precipizio.

Tu, caro Fato, mi suggerisci che questi sogni hanno il sapore dell’ineludibile e dell’inevitabile. 

​

A rivederci

C.

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