Caro Babbo ti scrivo
Caro Babbo, come stai?
Me lo immagino il tuo leggero imbarazzo nel leggere il termine “caro”, tu che hai sempre vissuto il tuo ruolo paterno in modo molto essenziale, senza troppe effusioni e con molto pragmatismo. E questo non ti ha portato mai a “salire in cattedra” ma piuttosto ad agire sempre con discrezione, senza invadenza, lasciando alla Mamma la conduzione della vita domestica e la gestione della quotidianità famigliare. Questo ha fatto sì che per molti anni, dalla mia infanzia passando per l’adolescenza fino alla fase della mia maturità, ti ho vissuto con il rispetto e, devo dirti la verità, con il timore che si prova verso una persona autorevole che interviene solo nelle circostanze più critiche. Anche nel campo sentimentale la tua presenza è stata sempre molto discreta: a dire il vero con te credo di non aver mai condiviso nulla delle mie esperienze sentimentali a differenza della Mamma. Oddio, detto tra di noi non è che avessi molto da riferire visto che la mia atavica timidezza non mi fece ottenere in gioventù “risultati” particolarmente brillanti con il gentil sesso. Ciò che ho sempre ammirato di te è stata proprio la tua capacità empatica col prossimo e ho sempre molto apprezzato che fin da ragazzino tu mi portassi con te, nel tempo libero, per condividere i tuoi interessi e i tuoi hobby. In tal modo, senza forzature e pressioni di alcun tipo, cercavi di farmi rendere conto del mondo in cui viviamo e dei problemi che dobbiamo quotidianamente affrontare. E mai come adesso questa consapevolezza è fondamentale, per me e per tutti. Questo mio modo “consapevole” di vedere la vita si è consolidato nel tempo, a partire proprio da quel tristissimo 6 aprile di ventidue anni fa, quando ci lasciasti. Ma è stato solo un distacco fisico: mai come in questi momenti il tuo coraggio, la tua forza d’animo, la tua positività sono cose che sento dentro di me e mi fanno vivere positivamente anche le situazioni più difficili. Caro Babbo, ti voglio bene!
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Andrea Di Cesare