Cari bambini
Cari bambini,
a quei vostri occhi che mi guardano sgranati e intimiditi attraverso la videocamera vorrei poter dire di non provare imbarazzo, di lasciarvi andare, perché è come se fossimo a scuola, ci sono io, ci siete voi. Attraverso il computer possiamo parlare dei suoni difficili, di prendere un respiro quando trovate una virgola nel testo, o dei giorni della settimana che chissà come mai non vi vengono mai in mente tutti e a volte addirittura capita che dopo giugno venga lu… lu… lunedì!
Ma non è come a scuola, c’è poco da fare, la scuola è un’altra cosa. Il respiro lo prendo io, e mi trattengo dal mentirvi, perché se mi guardo dentro, da maestra laureata con una tesi sull’empatia, non posso che sgranare gli occhi con voi.
Sono la vostra maestra da poco, e probabilmente per poco, ma a voi questo non importa, per voi lo sono e basta. Siete fatti di fiducia nell’altro e a me non resta che fare tesoro del vostro esempio. Tutto questo mi spinge a fare del mio meglio per avere cura di voi in un momento così particolare e delicato. Il cuore della filosofia che ora più che mai spinge il mio fare didattica non riguarda l’andare avanti con gli argomenti, ma il tornare indietro: alla relazione, a noi. Se è vero che il fare scuola ha bisogno di essere nutrito con sguardi, sorrisi, parole di incoraggiamento, piccoli gesti che solo l’essere insieme in uno stesso posto nel medesimo istante rende possibili, è anche vero che l’avere cura, principio e fine dell’insegnamento, deve trovare il modo per risplendere anche a distanza. Con questo intento registro per voi letture, e chiedo a voi di leggere per me qualcosa che vi è caro, parliamo di come passano queste giornate e dei desideri che abbiamo per quando questo periodo sarà finito. L’unico vero obiettivo è non lasciare indietro nessuno, perché sì, succede anche questo, pur non andando avanti può essere che qualcuno resti indietro, nella materia più importante e più difficile di questi tempi, la relazione.
Con amore,
Maestra Serena