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Le mie mani

Non vedo le mie mani da giorni, ormai ho perso il conto da quanti.

Davanti a me ho solo due pezzi di lattice di un azzurro che mai sceglierei per un capo di abbigliamento.

Un “carta da zucchero” più scuro, che mi ricorda molto le canotte che usava mia nonno, un ricordo dei suoi ultimi giorni che non so cosa darei per dimenticare ed, invece, in questo periodo è una continua epifania a cui non riesco a non pensare.

Mi mancano le mie mani nude, quelle mani piccole, ma con le dita lunghe che da quando ero piccola descrivevano come “mani da pianista”.

Quelle mani che ho preso dalla famiglia di mia madre, una delle poche cose insieme all’altezza, perché le cose negative di me le ho prese tutte da quella di mio padre.. a detta di mia madre eravamo tutti pelosi, grassi e bugiardi.

Meno male che, per lo meno, avevamo tutti un gran cuore e questo l’ho scoperto dopo anni vissuti nell’imperfezione di essere nata in quella famiglia così difettosa.

Mi mancano perfino le cicatrici sulle mie mani, ben due: un piccolo puntino causato dall’ago di un’anestesia e quella che sembra un piccolo, minuscolo pesciolino, che mi ricorda sempre la II liceo e T.M., quel giorno che voleva farmi alzare da una panchina e mi ha ferito con il mio stesso braccialetto..  ricordo ancora il sangue che usciva e quel pezzettino di pelle incastrato tra due quadratini che componevano il mio nome.

Mi mancano le mie unghie, mai a posto, sempre tagliate cortissime per paura di ricadere nel girone dei “mangiatori di unghie”, quel vizio che a 32 anni mi ha costretto a rimettere l’apparecchio.

Mi mancano le mie linee sui palmi, quel mio cercare di imparare a leggerle per capire cosa e chi mi avrebbe riservato quel futuro che pensavo di non avere.

Mi manca il mio pollice destro, più piccolo e indifeso del sinistro, vittima del mio essermi messa il dito in bocca fino ai 12 anni…il mio conforto di ogni giorno, di ogni notte, tornavo da scuola ed era la prima cosa che facevo. Niente e nessuno mi avrebbero mai calmata più del mio pollice destro, abbinato poi all’indice che strusciava sotto il naso pezzi di pelo presi dai maglioni, dai peluche e più avanti dalle sopracciglia e capelli che mi strappavo.

Non pensavo che ci fossero tutti questi ricordi racchiusi nelle mie mani.

E’ proprio vero che certe cose si vedono solo quando non ci sono.

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