Alla Luna
Cara luna,
stasera ti scrivo dal buio della cameretta di mia figlia, illuminata dalla tua luce immensa. Sarà una lunga notte questa: sono solo le 23:55 e tra cinque minuti mi siedo davanti a una fioca lucina puntata sul mio PC. Sono qui, davanti alla finestra e ti guardo, bella come non mai, cosa ne sai tu del covid 19? Hai ben altro da guardare da lassù! Tutto è pronto per lo smart working: le mie cuffie, la tazza del te caldo, una piccola stufetta e io in pigiama e ciabatte. Chi mai potrà vedermi così, mi chiedo. Nè un filo di trucco, nè una mosca che possa disturbare i miei capelli arruffati, i miei occhiali. Questa non sono io: io non esco se non metto le mie lenti a contatto, se non ho i capelli in ordine, se non metto un po' del mio profumo, se non ho un po' di fard sulle guance. È che questo virus ci invecchia, ci abbandona, ci fa dimenticare quasi chi siamo. Si, anch'io faccio parte di quei lavoratori che in fretta e furia hanno dovuto cimentarsi in questa nuova avventura. Chi lo avrebbe mai detto che a 44 anni avrei, ancora una volta, superato un altro esame! È che non lo dico a nessuno ma ho paura, paura non per me ma per mia figlia. Ho conosciuto tanto tempo fa il dolore di una mamma quando perde il suo pezzo più profondo. Non ce la farei.
Stavolta no! Sono debole, le mie spalle non reggerebbero un carico così pesante. Voglio ancora sentirmi chiamare mamma, voglio fare i biscotti con lei, voglio farle la doccia e accorgermi che le sue spalle stanno crescendo come anche i suoi capelli, e voglio gridare ancora quando non mi ascolta, voglio continuare a sentire il suo profumo e a riscaldarle i piedini quando sono freddi. È la mia vita! Sai bene, luna, quanto l'ho voluta e non può succedere proprio a me!
È giunta l'ora, il primo cliente: una voce gracchiante, un uomo. Dalla voce direi sugli 80...
Si, sono un operatore telefonico: buona sera signorina, scusi l'orario, ma non mi funziona il telefono, sa' io non sono molto giovane e se mi succede qualcosa come faccio a chiamare i miei figli? Mi ha toccato nel profondo, penso: devo farcela devo aiutarlo, è il mio mestiere. Lo tranquillizzo, eseguo un paio di manovre sul mio PC e magicamente esulta: grazie, grazie signori', non so proprio come ringraziarla!
Bello aiutare qualcuno; per un attimo il mio pensiero va ai bambini di "Save the children", all'Africa e ai suoi dolori. Ecco una chiamata e un'altra ancora, una pausa, un caffè e poi tu, luna, sparisci d'improvviso. Dove sei? Ti cerco, ma non ti vedo.
Ora ho capito! È giunta l'alba. Il sole sta sorgendo. Sono quasi le sette. Il mio lavoro è finito, sono davvero stanca, ma ti ringrazio per la bella compagnia.
Mi sei stata vicina tutta la notte, sentivo i tuoi grandi occhi su di me. Ora ti saluto, dormo un po', per quello che potrò dormire.
Ci vediamo stanotte. Ti aspetto, non mancare.
Tua Maria